E' nato il primo esempio di società in cui il pubblico e il privato si accordano in nome della banda larghissima, fibra ottica a 100 Megabit nelle case: Trentino Ngn. La firma, che le dà il via libera, è di oggi. Partecipano al capitale della nuova società (96 milioni di euro) la Provincia Autonomia di Trento, Telecom Italia, il provider MC-link e la Finanziaria Trentina: porteranno la fibra nel 60 per cento delle case di Trento (150 mila coperte), entro il 2018, investendo circa 160 milioni di euro. Un progetto piccolo, certo. Frutto di oltre un anno di lavoro (un accordo di massima per Trentino NGN è di febbraio 2011) per altro. Ma è un laboratorio di innovazione nel deserto di iniziative: quest'alleanza tra il pubblico e il privato è ciò che sarebbe opportuno avere su scala nazionale. Come aveva tentato di fare lo scorso governo, fallendo. "E' un progetto su un territorio particolare, ma è comunque il primo esempio di società pubblico-privata per la fibra ottica. E' bene che si parta, finalmente, da qualche parte per costruire il futuro della banda larga italiana", dice Alessandro Zorer, a capo di Trentino Network, società della Provincia che si occuperà di portare la fibra al restante 40 per cento degli abitanti. Non solo case: l'obiettivo di Trentino NGN è collegare anche Amministrazioni pubbliche locali, le aziende sanitarie, le Università e gli istituti di ricerca e le imprese. Uno spiraglio di futuro, insomma: in cui tutte le aziende e le famiglie saranno connesse a Internet ultraveloce. E in cui la pubblica amministrazione potrà utilizzarla per ridurre i costi e aumentare l'efficienza. Ebbene, a meno di una svolta, sarà molto difficile che questo futuro riguarderà anche il resto dell'Italia, fuori dall'isola di Trento. Sì, nasceranno altre isole privilegiate con banda larghissima, ma la massa della popolazione ne sarà esclusa, almeno nei prossimi dieci anni. Quello che manca è un impegno pubblico-privato in grande scala. Al momento ci sono solo tentativi falliti (a parte, appunto, Trentino Ngn). L'ex ministro allo Sviluppo Economico Paolo Romani aveva provato con un progetto molto ambizioso: mettere tutti i principali soggetti italiani intorno a un tavolo e costituire insieme una società per portare la fibra nelle zone dove gli operatori non avevano interesse ad arrivare. È fallito per i contrasti tra la visione dirigistica del governo e le mire di Telecom Italia. Che comunque è interessata ad avere un ruolo di primo attore nelle scelte per la banda larghissima, riducendo al tempo stesso al minimo l'investimento finanziario. Anche per questo l'esempio di Trentino NGN è illuminante: MC-link e la Finanziaria verseranno contanti per avere una quota nella nuova società, mentre Telecom Italia parteciperà alla capitalizzazione conferendole il diritto di uso delle infrastrutture civili necessarie per la posa delle fibre. In base all'accordo, Telecom ha inoltre l'opzione, in futuro, di acquisire la maggioranza di Trentino NGN apportando al capitale la propria rete in rame. Altro progetto a rischio è della Regione Lombardia, sempre per le difficoltà di trovare un accordo (finanziario, tecnologico) tra tutti gli operatori. Le sorti del progetto si scopriranno entro fine anno, quando la Regione deciderà di stanziare o no un investimento per la fibra. A parte questo, sul fronte delle iniziative pubbliche c'è solo una buona notizia: il nuovo governo è riuscito nei giorni scorsi a sbloccare fondi europei- che rischiavano di andare perduti per mancato utilizzo. Ne risulta che nel "piano di azione coesione" adesso ci sono 1,140 miliardi di euro per costruire reti a banda larghissima nelle regioni del Sud Italia. Un altro piccolo passo nella direzione giusta. Ma resta ancora tanto da fare per il sogno di dare la fibra almeno al 50 per cento della popolazione entro il 2020, come voluto dall'Agenda Digitale europea.
a cura di alessandro longo
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